Quando cerchiamo di scoprire in che modo le esperienze e le espressioni emotive sono relate alla struttura fisica, sorge facilmente un quesito: “le esperienze emotive e le credenze psicologiche plasmano i tessuti e la struttura del corpo, oppure è la struttura del corpo a predisporlo ad emozioni ed atteggiamenti specifici?” (Dychtwald K.) Non è affatto una novità rispondere che è vera sia l’una che l’altra cosa. Sono numerosi oramai gli studi sulle relazioni esistenti tra la mente e il corpo e lo stesso Occidente si vanta sostenitore di un’unità psiche-soma (sebbene in molte istituzioni e processi culturali si rifletta il dualismo e il separatismo).
In realtà, ogni cellula del nostro corpo è, strutturalmente e funzionalmente, connessa ad ogni altra cellula del nostro corpo. Così come tutti i nostri pensieri, le credenze, le paure, ed i sogni sono connessi dinamicamente all’interno della struttura e della funzione della nostra psiche.
Lo stesso Freud non perse mai di vista l’importanza dei processi corporei, la sua osservazione che l’Io sia “innanzitutto e soprattutto un Io corporeo” indica questo interesse.
Nella personalità sana il livello mentale e quello fisico cooperano per promuovere il benessere. Nella personalità ‘nevrotica’ ci sono zone di sensazioni e di comportamento in cui questi livelli di funzionamento sono in conflitto. Un’area di conflitto crea un blocco all’espressione libera degli impulsi e dei sentimenti.
E non ci si riferisce a un’inibizione cosciente dell’espressione, i blocchi di cui si parla sono restrizioni inconsce del movimento e dell’espressione stessa: limitano la capacità dell’individuo di cercare nel mondo la soddisfazione dei propri bisogni e perciò rappresentano una riduzione della sua capacità di provare piacere. Fondamentalmente, ogni blocco emozionale è una riduzione di motilità; lo stesso termine e-mozione implica un movimento ‘verso l’esterno’, movimento che negli organismi superiori risulterebbe sinonimo di scarica: ogni blocco emozionale implica, quindi, un’ostruzione nel flusso di energia verso gli organi di scarica.
In modo molto semplice, si potrebbe rappresentare l’organismo umano come una semplice circonferenza con un centro e un nucleo. Gli impulsi che hanno origine dal suo nucleo pulsante (cuore) fluiscono verso il mondo esterno come onde ogni volta che l’organismo interagisce con l’ambiente; allo stesso modo gli stimoli esterni colpiscono l’organismo che reagirà selettivamente ad essi. Nello stato di salute e di equilibrio l’individuo percepisce il contatto fra il proprio nucleo e il mondo esterno (diagramma a sinistra – tratto da Bioenergetica di A.Lowen).
Ma questa normale situazione è spesso disturbata in quanto l’uomo, come intuì Reich, è diventato prigioniero di una “corazza” muscolare e caratteriale, formata da tutti quegli atteggiamenti sviluppati dall’individuo per bloccare il corso delle emozioni e delle sensazioni organiche. Facendo riferimento al modello teorico reichiano, tale armatura è rappresentata da una linea ondulata situata sotto la superficie o membrana dell’organismo (diagramma a destra- tratto da Bioenergetica di A.Lowen ). In effetti, l’armatura separa i sentimenti del nucleo dalle sensazioni provate alla periferia, spaccando così l’unità dell’organismo e del suo rapporto con il mondo.
Possiamo concludere, dunque, che sin dal momento della nascita tutte le esperienze lasciano una traccia sulla struttura muscolare. Questo vuol dire che ad ogni situazione di conflitto l’individuo reagisce sempre in modo globale con una reazione che è sì emotiva, ma lascia una traccia sulla struttura muscolare.
Emozioni non volute, ricordi dolorosi, desideri proibiti e frustrati, contribuiscono a sviluppare quella che Reich ha definito armatura caratteriale, il cui scopo è quello di proteggere l’Io da pericoli interni ed esterni. Tale armatura non fa altro che limitare la mobilità psichica e fisica di tutta la persona.
Il corpo incapsula le emozioni rendendo i muscoli talmente rigidi che la contrazione ristagna in maniera cronica. Certi muscoli possono rimanere in uno stato di tensione permanente e per la maggior parte del tempo abbiamo poca consapevolezza di tali contratture. È così che l’energia diventa statica e ne è compromesso il libero scorrere dell’energia vitale nell’organismo.
Secondo Lowen, per capire una formazione caratterologica dobbiamo tener conto del processo dialettico operante nell’interazione tra io e corpo. L’immagine dell’io plasma il corpo attraverso il controllo che esercita sulla muscolatura volontaria. Si inibisce, ad esempio, l’impulso di piangere irrigidendo la mandibola, restringendo la gola, trattenendo il fiato e ritenendo l’addome. All’inizio l’inibizione è cosciente e serve ad evitare ulteriori conflitti, successivamente l’io abbandona il controllo cosciente dell’impulso ma il muscolo rimane contratto poiché gli manca l’energia per rilassarsi ed espandersi.
Dalla resa dell’io derivano due conseguenze. La prima è che la muscolatura da cui è stata ritirata l’energia entra in uno stato di contr-azione o spasticità cronica che rende impossibile l’espressione del sentimento inibito. L’altra è la diminuzione del metabolismo energetico dell’organismo. Le tensioni muscolari croniche impediscono di respirare a fondo in modo naturale, abbassando così il livello energetico.
Ora allo stesso modo, in virtù di quel processo dialettico operante tra io e corpo, è la situazione fisica a plasmare il pensiero e l’immagine di sé dell’individuo. Il basso livello energetico lo costringe a operare certi aggiustamenti nel suo stile di vita, evitando necessariamente situazioni che possano evocare i sentimenti repressi.
Tensione muscolare cronica e blocco emotivo sono, quindi, i due rami dello stesso processo energetico, cioè funzionalmente identici.
“Le tensioni muscolari bloccano la capacità di prendersi direttamente dal mondo il piacere.” (A. Lowen)